Non facciamoci confondere le idee dall’industria del sale

L’ipertensione non è l’unico effetto dannoso dell’eccessivo consumo di sale. Questo è collegato anche al tumore allo stomaco, ai calcoli renali, alla perdita di massa ossea e a danni diretti ai nostri reni, arterie e cuore. Oramai c’è consenso sul fatto che il sale alimentare giochi un ruolo significativo nel far aumentare la pressione sanguigna, disputa questa che si può ora considerare risolta.

Ci sono prove inequivocabili che una maggiore assunzione di sodio è associata ad una più alta pressione sanguigna, che sappiamo porta ad un maggiore rischio di patologie vascolari come ictus, infarti, aneurismi e arteriosclerosi. Medici ed autorità sanitarie sono concordi nell’affermare che dobbiamo ridurre l’assunzione di sale con la nostra dieta. Ma come si comporta l’industria alimentare nel continuare a tenere viva la controversia sul sale? Se il sale porta all’ipertensione e l’ipertensione ad una patologia, questo non equivale a dire che il sale porterebbe ad una patologia? Se A porta a B e B porta a C allora si può dire che A porta a C. La cosa ha una sua logica. La pressione sanguigna è uno dei migliori marker alternativi convalidati per le patologie cardiovascolari, e quando in qualche paese si è provato a far ridurre il sale si sono avuti risultati positivi.

In Inghilterra le campagne poste in atto in tal senso hanno avuto successo nel far ridurre il consumo di sale. Il livello della pressione del sangue (nella popolazione) si è abbassato come pure i tassi di malattie cardiache e ictus. Hanno avuto peraltro anche successo nel ridurre i livelli di colesterolo e di abitudine al fumo e nell’aumentare il consumo di frutta e verdura. In Giappone hanno ridotto il consumo di sale e, seppur mantenendo una dieta peggiore e fumando di più, si è comunque riscontrata una riduzione consistente della mortalità da ictus/infarto. Basandosi su quanto sono riusciti ad ottenere in Finlandia, un cucchiaino di sale al giorno può significare dal 25 al 50 % in più di morti per infarto e ictus.

Ci sono studi controllati randomizzati che dimostrino questo? Non esistono ricerche che abbiano randomizzato due gruppi di persone, uno con una dieta a basso contenuto di sodio ed uno no, e che li abbiano seguiti per 20 anni per controllare se le differenze nella pressione del sangue avessero portato alle conseguenze previste. È da dire comunque che un tale studio non è stato fatto nemmeno sul fumo. Potete immaginare di studiare per anni un gruppo randomizzato di persone che devono fumare ed uno che invece deve smettere di farlo per vedere chi si ammala prima di cancro ai polmoni? Primo, far smettere di fumare non è facile, come non lo è far mantenere una dieta a basso consumo di sale. Secondo, sarebbe etico far mantenere a una persona l’abitudine al fumo per molti anni pur sapendo, da tutta una serie di prove scientifiche, che questo provocherà dei danni anche pesanti? Nella prima metà del secolo scorso sono stati eseguiti degli esperimenti simili ed uno di questi in particolare ha comportato dei danni così gravi nella popolazione coinvolta che ne sono derivate delle leggi e dei codici etici e di comportamento molto rigorosi tali da evitare il ripetersi di queste situazioni a protezione delle persone soggette agli studi scientifici(*). Vale sempre quel proverbio per cui il meglio è nemico del bene.

Dunque non si avrà mai uno studio randomizzato decennale, ma nel 2007 ci si è andati vicino. C’erano stati in effetti in passato degli studi randomizzati sul consumo ridotto di sale ma di una durata piuttosto breve, non tale da fornire dati sufficienti sui risultati clinici. Uno in particolare era durato 18 mesi ed aveva coinvolto migliaia di persone. Ebbene, dopo 10-15 anni dal termine di tale studio alcuni ricercatori sono andati a controllare queste persone nella speranza che almeno una parte avesse conservato l’abitudine di usare poco sale. Così è stato, ed è risultato che quando si è ridotta l’assunzione di sodio del 25-35 % c’è stato un rischio del 25% minore di infarto, ictus ed altri eventi cardiovascolari.

Questo studio è considerato l’ultimo atto, il colpo definitivo alle obiezioni che rimanevano verso la spinta alla riduzione del sale nella popolazione mondiale. Ha infatti dimostrato che con la riduzione della assunzione di sodio alimentare si riducono non solo la pressione del sangue ma anche la morbilità e la mortalità. Era il 2007 ed il caso era chiuso!

Quando però sono in gioco miliardi in guadagni il caso non è mai chiuso. Comunicati stampa di diverse istituzioni hanno messo ancora in dubbio questo risultato. Un rapporto dell’ Institute of Medicine americano ad esempio affermava che la riduzione del sale poteva essere dannosa per alcuni pazienti con una insufficienza cardiaca congestizia scompensata. Analisi alla base di questo studio sono state successivamente ritirate nel timore che i dati potessero essere stati falsificati. È certamente possibile che pazienti con una seria insufficienza cardiaca, già pesantemente privati di sali a causa dei medicinali assunti, non abbiano alcun beneficio da una ulteriore riduzione si sale. Ma per la maggioranza della popolazione questo messaggio resta comunque valido.

Un altro studio dell’American Journal of Hypertension trova che la quantità di sale che usiamo abitualmente sia corretta e mostra una curva a U in cui troppo sodio fa male ma anche troppo poco sodio potrebbe fare male.

Ora, qualcuno più interessato al “cuore” che agli “affari” ha notato che questi studi sono stati ampiamente male interpretati, causando controversie e confusione affatto necessari. Alla base, tutto si rifà a tre problemi: errori di misurazione, fattori confondenti, causalità inversa. Tutti i dati venivano da studi che non erano stati concepiti per esaminare e determinare questa relazione (sale-ipertensione), inoltre tendevano ad usare stime del sodio non valide semplicemente perché era più difficile fare le raccolte della diuresi delle 24 ore necessarie per ottenere delle misurazioni accurate. Negli Stati Uniti (dove sono stati condotti gli studi) molti di quelli che usano meno sale mangiano anche di meno nel complesso, forse perchè sono malati. Non stupisce dunque che il tasso di mortalità sia in questo caso più alto. Mettere assieme questi studi era stato alla fine il tipico caso per cui se si utilizzano informazioni sbagliate si avranno risultati sbagliati. Perchè allora è stato fatto? Gli autori affermavano di non avere alcun conflitto di interesse. Quando messi a confronto con le prove che almeno uno dei co-autori aveva ricevuto migliaia di dollari dall’Istituto del Sale americano, hanno affermato che non avevano ricevuto più di 5000 dollari nell’ultimo anno, quindi non c’era conflitto di interessi!

Se si vanno a guardare gli studi in cui è stato invece utilizzato lo standard migliore, la raccolta delle diuresi delle 24 ore di persone sane per evitare causalità inverse ed anche controllate per non avere confondimenti, la curva risultante mostra una continua decrescita di eventi legati a malattie cardiovascolari come infarti ed ictus man mano che si abbassano i livelli di sodio. C’era un 17% di incremento di rischio di malattie cardiovascolari per ogni grammo di sodio al giorno. Questo in persone che non soffrivano di ipertensione. Sicuramente gli effetti positivi per i milioni di ipertesi sarebbero ancora maggiori. Purtroppo i media hanno in molti casi mal riportato i risultati di questi studi provocando una serie di dibattiti che non hanno fatto altro che creare confusione nel pubblico. Anche alcune delle più prestigiose riviste mediche a livello mondiale hanno pubblicato editoriali su questo argomento e non ci si dovrebbe in questo caso aspettare che siano di studiosi che hanno ricevuto compensi dall’industria del sale. Così è però purtroppo successo.

Cosa si può aggiungere a commento di tutto questo. L’industria alimentare è molto forte e riesce ad arrivare anche a quei livelli che si pensa siano i meno influenzabili.

*N.d.T  vedi:   https://it.wikipedia.org/wiki/Studio_sulla_sifilide_di_Tuskegee

Traduzione e adattamento dell’articolo originale in /Reference Original source: https://nutritionfacts.org/2018/08/14/dont-be-confused-by-big-salt/

Supervisione: dr. A Pratesi

Image source: www.newscientist.com